giovedì 1 dicembre 2011

Serve un editore, ma... “Chi fa da se…”

..dal post “Dagli appunti al testo”

“Così immaginai che Yovò, nonostante le sue piccole imperfezioni, potesse diventare un libro.”

Questo post è una piccola digressione che mi permette di condividere dubbi e motivazioni con chi ha la pazienza di leggerlo. O forse di convincere me stesso delle mie scelte (!?)

Una volta deciso di rendere pubblico il testo ci sono diverse cosette da fare: correzione del testo, stampa, preparazione della copertina, distribuzione in libreria e promozione dell’opera.
Tradizionalmente di tutto ciò si occupa l’editore, rendendo naturalmente conto delle sue scelte all’autore.
MA, ci sono alcune considerazioni da fare.
In primo luogo l’editore, a meno che non sia un filantropo, ha un interesse economico di natura commerciale. Il suo lavoro non è banale, deve quindi essere giustamente retribuito, e comporta dei rischi, il libro infatti  potrebbe essere un best-seller, con incassi da capogiro, ma anche un completo fiasco. Quindi l’editore, qualora accetti di accollarsi il rischio valutando l’opera sufficientemente commerciabile, pretende in cambio, giustamente, di partecipare ai diritti e agli onori derivanti dalla vendita. Questo comporta, per l’autore, l’accettazione di un vincolo contrattuale sulla libertà di pubblicare con altri editori e l’accettazione di una percentuale sulla vendita, il cosiddetto “diritto d’autore”, generalmente ridotta. Chiaramente quanto più apprezzata sarà l’opera e quanto più efficace il lavoro promozionale dell’editore, tanto maggiore sarà il risultato per entrambi.
Ci sono editori che lavorano in altro modo, facendo partecipare l’autore al rischio attraverso la richiesta di un contributo a parziale (a volte totale) copertura delle spese. A questi editori prevalentemente si rivolgono scrittori esordienti che gradiscono un’assistenza professionale e che credono nella potenzialità commerciale della propria opera – attenzione, ho scelto volutamente il termine “potenzialità commerciale” anziché “qualità” perché non è detto che un’opera qualitativamente eccellente sia anche commercialmente apprezzabile.
Riepilogando, nel primo caso l’autore ha poche spese e guadagni interessanti solo se vengono vendute tante copie, nel secondo caso l’autore ha tante spese senza garanzia di rientro. Nel primo caso l’editore è convinto che l’opera meriti di essere pubblicata, nel secondo caso non è detto che sia così, perché tanto è molto probabile che rientri comunque delle spese grazie al contributo.

Torniamo a noi.
Dal punto di vista commerciale personalmente ritengo che Yovò sia un’opera interessante, ma rivolta ad un pubblico di nicchia. Per capirci, è probabile che non raggiungerà le vendite di “Cotto e mangiato” della signora Parodi. J
Gli obiettivi sono a) far conoscere ad altri la mia esperienza e b) raccogliere al contempo qualche soldino per finanziare iniziative benefiche.
Cosa scegliere per ottenere il miglior equilibrio tra i due obiettivi?

Interessandomi della cosa scopro una terza via, l’auto-pubblicazione: essere editori di se stessi.
Le nuove tecnologie permettono all’autore di auto-pubblicare il proprio libro in poco tempo e con poco investimento, di metterlo in vendita tramite la rete, senza vincoli di edizione e trattenendo una percentuale abbastanza alta del diritto d’autore. Al libro viene pure assegnato un codice ISBN, può quindi essere ordinato in libreria.
L’autore dovrà però occuparsi di tutto: correzione, formattazione, copertina, promozione. Il servizio si occupa della stampa e della struttura vendite.
Il raggiungimento dei due obiettivi sembra dunque possibile in questo modo. Mi permette a) di renderlo pubblico e b) di ottenere un guadagno già dalla vendita delle prime copie.

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